IL MESSAGGERO – Venerdì, 9 Agosto 2002, pag. 8

Eliminate le “toppe” del 1534 e la tela di sostegno posteriore
Sindone, nuovo mistero: trenta rammendi spariti
L’operazione è stata condotta dall’esperta tessile svizzera Flury-Lemberg tra giugno e luglio.
Ma la Commissione per la conservazione della reliquia non è stata coinvolta.
Torino, radicale intervento sul lenzuolo funebre di Gesù. Si temono danni.
di
Orazio PETROSILLO

A prima vista, la notizia appare incredibile. La Sindone di Torino non è ormai più quella che milioni e milioni di persone hanno venerato e contemplato nelle ultime ostensioni del 1978 del 1998 e del Giubileo. Nella massima segretezza, un mese fa, le hanno fatto cambiare il suo aspetto universalmente conosciuto. La Sindone di Torino non è più quella che è stata per quasi cinque secoli, dall’aprile 1534 fino a qualche settimana fa. È stato eliminato un restauro che durava da allora. Infatti, sono stati tolti i trenta rappezzi di varia grandezza cuciti sul Lenzuolo dalle Clarisse di Chambéry nel restauro compiuto a seguito dell’incendio del 4 dicembre 1532 che l’aveva bruciato in più punti. Inoltre è stata sostituita la cosiddetta “tela d’Olanda”, allora cucita sul retro della Sindone per meglio sostenerla.

Il massimo cimelio-reliquia della Cristianità, di valore universale perché ritenuto il lenzuolo funebre di Gesù di Nazareth, con sorprendenti conferme da molte prove scientifiche di diverse discipline, ha subito un intervento di non certo scarsa portata conservativa, con l’eliminazione di un restauro plurisecolare e con notevoli rischi per la stessa immagine dell’Uomo della Sindone. E il tutto nella totale riservatezza, senza che la comunità scientifica e quella religiosa fossero state informate. E senza che in nessuno degli otto congressi internazionali di studi sindonici degli ultimi quattro anni fosse mai stato suggerito di scucire i rattoppi e la tela d’Olanda. Ciò dimostra che nessun sindonologo riteneva necessario o urgente tale intervento per la conservazione della Sindone.

Dal punto di vista storico-documentario, il danno è evidente. Per quanto si possa aver agito con prudenza e professionalità, la scucitura dei rappezzi sulle parti bruciate del telo, soprattutto quello vicinissimo alla ferita del costato, non può non essere avvenuta senza perdita di piccoli frammenti. Sembra davvero sorprendente che un permesso del genere sia stato avallato dal Custode, cardinale Severino Poletto, e concesso (anche se ci risulta con notevole difficoltà) dalla Santa Sede che è proprietaria della reliquia. L’operazione-toppe è avvenuta dal 20 giugno al 22 luglio scorsi. La Sindone è stata tolta dalla nuova teca posta sotto il palco reale, nel transetto di sinistra del duomo di Torino e portata nell’adiacente sagrestia nuova, diventata inaccessibile per tutta la durata dei lavori. Al lenzuolo lungo 4,37 m e largo 1,11 m sono state tolte le toppe più o meno triangolari che, a due a due, si trovano parallele a fianco dell’immagine frontale e dorsale dell’Uomo nudo, flagellato, percosso al volto, che portò un casco di spine sulla testa e il braccio orizzontale di una croce sulle spalle, fu crocifisso con chiodi e trafitto al costato dopo la morte. Nell’incendio della notte tra il 3 e il 4 dicembre 1532 nella “Sainte Chapelle” di Chambéry, si bruciò un angolo della Sindone (era piegata in 48 strati e misurava 27 cm per 36), provocando bruciature simmetriche rispetto alle linee di piegatura longitudinali e trasversali.

L’operazione è stata condotta da un’esperta tessile di fama internazionale, la svizzera Mechtild Flury-Lemberg che, dopo aver rimosso i rattoppi e la tela d’Olanda, ha sostituito quest’ultima con un telo di sua proprietà. I rappezzi asportati sono stati conservati in un contenitore sigillato, così come la tela d’Olanda. Una delle pieghe della stoffa all’altezza del volto dell’Uomo della Sindone sarebbe scomparsa per effetto di queste scuciture, ma un’altra sarebbe rimasta. Pare che ad ispirare questo intervento siano stati i due responsabili del Centro Internazionale di Sindonologia, il matematico Bruno Barberis che ne è il direttore e Gian Maria Zaccone, direttore del Museo. Mentre sembra essere stato riluttante mons. Giuseppe Ghiberti, massimo collaboratore del cardinale per quanto riguarda la Sindone. Non pare essere stata coinvolta l’intera Commissione per la conservazione della Sindone (dove però l’unico esperto tessile è la stessa Flury-Lemberg), né tanto meno Pier Luigi Baima Bollone, predecessore di Barberis ed uno dei più accreditati scienziati-sindonologi. Perché è stata realizzata questa clamorosa “trasformazione” della Sindone? si chiedono quei pochi che sono venuti a sapere. Certo, le foto scattate dal fotografo ora di fiducia del Centro, Giancarlo Durante, valgono milioni di euro e il prossimo volume che le pubblicherà otterrà per questo una risonanza mondiale. Eppure molto non quadra in questa vicenda.


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