IL GIORNALE NUOVO DEL PIEMONTE
Sabato 10 agosto 2002, pag. 3


Sindone, un restauro misterioso

Eliminati i rammendi cinquecenteschi realizzati dalle Clarisse dopo l’incendio di Chambéry. L’operazione condotta in gran segreto da una studiosa svizzera. Riaffiorano i danni del fuoco?
di
Fabio MARZANO

Tra il 20 giugno e il 22 luglio sono state eliminate le trenta toppe applicate nel 1534 sulla Sindone dalle suore Clarisse di Chambéry, dopo che un incendio due anni prima aveva danneggiato quello che viene considerato il lenzuolo funebre di Gesù Cristo. L’intervento è stato eseguito nella sagrestia del Duomo di Torino in un’atmosfera di assoluta segretezza. “Nessun mistero, i lavori e le nuove analisi sulla Sindone sono stati condotti in accordo con la Santa Sede e sulla scorta delle indicazioni emerse dal simposio mondiale di esperti del marzo 2000”. E’ stata questa la precisazione della Curia di Torino alla notizia, comparsa ieri sul Messaggero. In realtà l’operazione, condotta da Metchild Flury-Lemberg, un’esperta tessile svizzera, ha comportato, oltre alla sostituzione del supporto in tela d’Olanda, anche nuovi accertamenti scientifici “non invasivi”, cioè senza intaccare il tessuto, come invece avvenne nel 1988 per l’esame al carbonio 14. “I risultati saranno resi noti e documentati anche fotograficamente a metà settembre”, ha ancora precisato il portavoce del cardinale Severino Poletto , impegnato fuori Torino in esercizi spirituali e custode della Sindone per conto della Santa Sede, cui fu donata dai Savoia. Fino ad allora, però, rimarrà un mistero da chiarire: se le toppe sono state eliminate, questo significa che la Sindone è bucata?

Ora la Sindone è senza toppe

Un lavoro da sarti con l’aureola. Solo le suore Clarisse di Chambéry, nel 1534, avevano osato ricucire la Sindone dopo che un incendio nel 1532 aveva danneggiato il sacro lenzuolo, allora custodito nella cattedrale dell’allora capitale del ducato di Savoia. Questa volta, invece, l’operazione è stata condotta da un’esperta tessile svizzera Metchild Flury-Lemberg. Mani di fata, anzi di santa. Ma più che di un rattoppo vero e proprio, la scienziata elvetica ha eliminato quelle trenta toppe che le “sorelle” francesi avevano applicato per restaurare il sacro lino. Per completare il tutto è stato necessario quasi un mese, dal 20 giugno al 22 di luglio scorso, di lavoro in completa segretezza nella sagrestia del Duomo. Una camera, questa, attrezzata con una strumentazione degna della macchina del tempo. Per tutto questo periodo, l’accesso alla sala è stato sbarrato a chiunque non fosse autorizzato dai vertici della Curia subalpina. Delle toppe cucite dalle Clarisse ora non c’è più traccia. E’ stata fatta piazza pulita, così come della tela d’Olanda, il supporto tessile allestito sul retro della Sindone. La Curia torinese non ha fornito altri dettagli, che saranno resi pubblici, assieme a un resoconto fotografico realizzato durante l’intervento, a metà settembre. A rinviare a questa data è il portavoce dell’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto (che è il custode dell’icona), impegnato fuori città in esercizi spirituali. Fino alla fine dell’estate, però, rimarrà ancora un mistero da chiarire. Con che cosa sono state sostituite le trenta toppe delle Clarisse? E se non sono state sostituite, questo significa che ci sono dei buchi visibili nel lenzuolo? Interrogativi che non hanno trovato per ora nessuna risposta ufficiale. Si sa per certo che al posto della cosiddetta tela d’Olanda ora c’è un tessuto che appartiene alla scienziata svizzera, e che le toppe delle suore Clarisse sono state inserite in un contenitore a prova di bomba. Ma non è dato sapere se la Sindone, dopo l’eliminazione dei rammendi, è “bucata” oppure è rimasta integra.

Per portare a termine il repulisti, scienziati e religiosi, armati di delicatezza e pazienza, hanno compiuto il trasloco all’interno del Duomo. Il sacro lino, quindi, è stato sfilato dalla teca a tenuta stagna allestita sotto il palco reale, a sinistra dell’altare centrale del Duomo di piazza San Giovanni, e portata nella “sala chirurgica” a fianco dell’altare centrale.

Il professor Pier Luigi Baima Bollone, uno dei massimi esperti della reliquia, non ha voluto commentare la notizia, pubblicata ieri dal quotidiano Il Messaggero. Anche monsignor Giuseppe Ghiberti, primo collaboratore di Poletto sulle questioni che riguardano la Sindone, non si lascia strappare una parola.

L’arcivescovo, nel marzo del 2000, al termine del simposio internazionale che aveva preceduto l’ostensione, aveva affermato che la Chiesa non aveva timore della scienza, ma dell’improvvisazione. Il lavoro di ricerca non si è mai fermato, nonostante i punti morti e le polemiche. Durante quest’ultimo restauro, infatti, la Sindone è stata di nuovo analizzata nel tentativo di comprenderne il segreto: la formazione dell’immagine dell’uomo che, secondo la tradizione, sarebbe Gesù Cristo.
Si tratta di una sfida pluricentenaria in cui si accavallano diverse discipline: dalla medicina legale all’informatica, dalla fisica nucleare alla chimica. Diversi scienziati-sindonologi hanno contestato il risultato dell’esame al carbonio 14, che aveva datato il lino in età medievale, tra il 1260 ed il 1390. I campioni esaminati dai laboratori di Oxford, Tucson e Zurigo sarebbero stati contaminati proprio dai successivi interventi con tessuti medievali. Inoltre, lo studioso russo Dmitri Kouznetsov nel ’95 giunse alla conclusione che l’incendio del 1532 aveva modificato la quantità di carbonio radioattivo presente nella Sindone, alterandone la datazione. Gli sforzi per comprendere il meccanismo di fissazione dell’immagine sul lino risalgono a fine Ottocento. Una materia a cavallo tra scienza e fede, che ha alimentato una serie di servizi fotografici eccellenti. Anche in quest’ultima occasione, in cui sono state eliminate sia le toppe che il telo d’Olanda, sono state scattate diverse immagini della reliquia simbolo della religione cristiana.

Per il primo fotografo della Sindone, bisogna comunque aspettare l’ostensione del 1898, quando l’avvocato Secondo Pia è il primo a fare un reportage fotografico del lenzuolo, realizzato attraverso il vetro della teca, mentre nel 1931 è stato Giuseppe Enrie a scattare delle immagini dell’icona senza la protezione di cristallo. Poi, dopo la datazione al carbonio 14 eseguita alla fine degli anni Ottanta, i professori Giovanni Tamburelli, nel 1978, e Nello Balossino (dipartimento di Informatica di Torino) nel 1990, hanno portato a termine un’elaborazione tridimensionale della Sindone, utilizzando la tecnologia Vrml che ha consentito di costruire una copia in metallo argenteo del lenzuolo, diventato così accessibile anche per i non vedenti.

CONTRO - Un restauro inutile. Danneggiato il lenzuolo.

Un intervento invasivo, a cui la Santa Sede ha dato il nulla osta “tappandosi il naso”. Sull’operazione toppe è polemica. Alcuni studiosi dell’icona, che trovano spazio nell’ampio servizio dedicato ieri da Il Messaggero al restauro, affermano che per quanta delicatezza e cura sia stata utilizzata per eliminare le trenta toppe, i danni al lenzuolo sarebbero comunque irreparabili. Il sacro lino, in altre parole, non sarebbe più quello esposto nel 2000 in occasione del Giubileo. Potrebbe essere considerato un attentato nei confronti della cristianità se non fosse che il Vaticano ha concesso l’autorizzazione a procedere. Eppure pare che il lavoro sia stato portato a termine tenendo all’oscuro i massimi esperti del settore, come il professor Pier Luigi Baima Bollone, medico legale, autore di diversi saggi sull’argomento, mentre sarebbero stati altri studiosi, come il professor Bruno Barberis, a fare richieste esplicite in questa direzione. Il restauro eseguito dalla scienziata svizzera, inoltre, non sarebbe mai stato sollecitato in uno dei tanti congressi di sindonologia che si svolgono ogni anno in tutto il mondo.

A FAVORE - Eliminate alcune pieghe d’accordo con la Santa Sede

“Nessun mistero, gli interventi e le nuove analisi sulla Sindone sono stati condotti in accordo con la Santa Sede e sulla scorta delle indicazioni emerse dal simposio mondiale di esperti del marzo 2000”. Questa la precisazione della curia di Torino alla notizia, comparsa ieri sul quotidiano romano, dell’eliminazione degli antichi rammendi dal lino che secondo la tradizione avrebbe avvolto il corpo di Gesù Cristo. Il restauro sarebbe stato il risultato di una serie di progetti presentati nel marzo del 2000 al Simposio internazionale che ha preceduto l’ostensione giubilare del lenzuolo. Negli atti del convegno, curati da Silvano Scannerini e Pietro Savarino, sarebbero custodite le motivazioni del lavoro eseguito tra giugno e luglio. La Curia torinese, poi, smentisce qualsiasi tensione con la Santa Sede. Per fare dei restauri sulla Sindone non c’è una procedura formale: non si parla di lettere o di raccomandate. Il protocollo, al contrario, prevede l’adesione sostanziale. Il custode della Sindone è l’arcivescovo di Torino, il cardinale Severino Poletto, che si fa portavoce degli interventi. E, secondo alcune indiscrezioni, la Santa Sede non ha mai detto di no alle richieste dei diversi custodi dell’icona.


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