LA CAPPELLA DELLA SINDONE HA TRECENTO ANNI
di
Emanuela MARINELLI
Naturalista e Geologa - Collegamento pro Sindone
© 1994 Tutti i diritti riservati
Collegamento pro Sindone - Settembre/Ottobre 1994

L'altare del Bertola
L'altare del Bertola all'interno
della Cappella della Sindone (M. Paolicchi)

Il 1º giugno 1694 la Sindone entrava solennemente nella cappella guariniana per restarvi ininterrottamente per tre secoli. Il sontuoso edificio, completato da duca Vittorio Amedeo II, era stato progettato da un celebre ed estroso architetto modenese, il padre teatino Guarino Guarini. L'opera, situata tra la Cattedrale e il Palazzo Reale, giunse a compimento quando il Guarini era già morto da undici anni. La Sindone, deposta in un'urna, fu collocata sopra il grandioso altare, opera di Antonio Bertola. Vittorio Amedeo II si interessò anche della realizzazione delle ricche decorazioni della cappella. Il 26 giugno dello stesso anno il beato Sebastiano Valfrè cucì nuovi veli di supporto sulla Sindone, alla presenza del duca Vittorio Amedeo e della duchessa Anna. Il beato era talmente commosso che alcune sue lacrime caddero a bagnare il sacro Lino.

Il luogo dove sorgono la Cappella della Sindone e la Cattedrale vanta un'antichissima tradizione cristiana: infatti si trovava in questo sito la chiesa battesimale dove il primo vescovo conosciuto di Torino, san Massimo (fine IV sec. - V sec.) teneva le sua eloquenti omelie ai catecumeni ed amministrava il sacramento del battesimo. In realtà l'antica cattedrale era composta da tre basiliche contigue e intercomunicanti, che occupavano uno spazio più vasto di quello del Duomo attuale. La prima era dedicata al santo Salvatore; la seconda, battesimale, a san Giovanni Battista; la terza a Santa Maria de dompno, ossia della "chiesa maggiore". La basilica più grande, quella del Salvatore, occupava lo spazio esistente tra l'odierno campanile e tutta la navata sinistra dell'attuale Duomo, estendendosi in lunghezza fin sotto l'andito del Palazzo Reale. Il titolo del santi Salvatore restò fino alla demolizione della basilica stessa (1490), per lasciar posto alla costruzione del Duomo attuale. A destra della basilica del Salvatore sorgeva l'antica rotonda battesimale. Ed attigua si trovava la basilica di Santa Maria. I Longobardi, che veneravano come patrono del loro regno san Giovanni Battista, costruiscono una chiesa centrale che incorporava l'antico battistero; ciò avvenne forse ai tempi di re Agilulfo e della pia regina Teodolinda, edificatrice del duomo di Monza dedicato a san Giovanni. È comunque certo che la basilica giovannea già esisteva nel VII secolo, epoca in cui quella del Salvatore perdette il suo primato perché san Giovanni divenne chiesa cattedrale e principale della città. Si deve al cardinale Domenico della Rovere, eletto nel 1482, la distruzione delle antiche basiliche per far posto alò nuovo duomo, costruito tutto a sue spese. Nel 1491, un anno dopo l'atterramento delle tre antiche chiese, si poneva la prima pietra del nuovo edificio, che fu completato nel 1497. Il campanile, risalente al 1470, venne sopraelevato nel 1700 dall'architetto Filippo Juvara.

La Sindone giunse a Torino nel 1578; ricevuta dal duca Emanuele Filiberto nel Castello di Lucento, fu introdotta in città con un fastoso corteo e riposta nella Cappella Ducale di San Lorenzo. Verso il 1583 il duca Carlo Emanuele I, devotissimo della Sindone, fece costruire nel palazzo vecchio una rotonda, con la cupola sorretta da otto colonne, per riporvi la Sindone. Nel 1587 fece poi realizzare nel duomo un'edicola sontuosa, poggiante su colonne di marmo nero, al posto dell'attuale altare maggiore e vi trasferì il prezioso Telo. L'anno successivo iniziò a pensare ad una chiesa monumentale per riporvi la preziosa reliquia; il disegno fu eseguito dal conte Carlo Castellamonte, ma nonostante fosse già pronto il materiale necessario per la costruzione, i lavori non furono iniziati neanche dal figlio Vittorio Amedeo I, che aveva messo da parte una cospicua somma per tale fine. Finalmente si diede il via all'immane opera con Carlo Emanuele II, figlio di Vittorio Amedeo I. Architetto era Amedeo di Castellamonte, figlio di Carlo; ma nel 1666 giungeva a Torino Guarino Guarini, uomo di ingegno portentoso: era teologo, filosofo, letterato, commediografo, matematico, astronomo e architetto.

Nel 1668 il duca lo nominava suo architetto e gli affidava l'importante costruzione. La reliquia fu fatta traslare da Carlo Emanuele II nella cappella dei santi Stefano e Caterina, che si trovava in cima alla navata sinistra, e lì rimase fino al 1694. Per la costruzione della Cappella della Sindone fu sacrificato l'abside del duomo; furono abbattute anche le due cappelle semicircolari che stavano in cima alle navate laterali, per costruire gli scaloni d'accesso. La cappella è una rotonda di marmo nero, che deve rappresentare un sepolcro grandioso. Al centro sorge l'imponente altare, anch'esso di marmo nero con fregi di bronzo, elevato su più gradini e cinto da una balaustra di legno dorato. Attorno, quattro angeli che reggono emblemi della Passione e quattro lampade d'argento. In alto, quattro grate di ferro dorato proteggono il luogo dove ordinariamente è custodita la cassa, rivestita di argento smaltato e gemmato, in cui è racchiusa la Sindone. La cupola è un esempio senza precedenti nell'architettura occidentale: gli archi superiori s'impostano via via sulle chiavi degli archi sottostanti, rimpicciolendosi sempre più. All'estremo la cupola finisce in una piramide aguzza; sulla sottile cuspide c'è un globo sormontato da una croce cinta dagli emblemi della Passione. I trecento anni di permanenza della Sindone nella cappella guarniana, però, non sono stati ininterrotti. Nel 1706, a causa dell'assedio francese, la Sindone venne trasferita a Genova.

Durante la guerra 1915-1918 fu conservata, con la cassa avvolta in una tela d'amianto, in un rifugio nei sotterranei del Palazzo Reale. Tornò nella sua abituale sede il 28 ottobre 1919. Nel periodo della seconda guerra mondiale (1939-1945) fu trasportata prima a Roma, dove fu riposta provvisoriamente nella cappella di Guido Reni in Quirinale, e successivamente al Santuario di Montenegrine (Avellino), dove rimase fino al 1946. Il card. Maurilio Fossati, arcivescovo di Torino, andò personalmente a riprenderla e la ricollocò nella cappella guariniana il 31 ottobre di quell'anno.

Il 4 maggio del 1990, festa liturgica della Sindone, la cappella è stata chiusa per il crollo di alcuni materiali della cupola. Per dare l'avvio ai necessari restauri, il 24 febbraio 1993, mercoledì delle Ceneri, la cassetta contenente il prezioso Lino è stata spostata in Duomo, dietro l'altare maggiore, dove era stato allestito un apposito contenitore di cristallo climatizzato; con la speranza di riporla presto nella sua antica, gloriosa sede, non senza opportuni accorgimenti conservativi.

BIBLIOGRAFIA


HOME